LO SPAZIO-SIMBOLO DI NIYAYESH NAHAVANDY di Tommaso Testolin

Il progetto ATUTTOTONDODANZA, che vede come capofila e Direttrice Artistica Gabriella Furlan Malvezzi con la collaborazione di Padova Danza, La Sfera Danza, Echidna Associazione Culturale e il contributo e sostegno del Comune di Vigonza, giunge ormai al termine della sua prima edizione ed è pronto a non interrompere il suo percorso iniziato in questi mesi. Il lavoro di Niyayesh Nahavandy, artista ospite questa settimana con le sue interpreti Beatrice Manvati e Camilla Paris, si è sin da subito sviluppato all’insegna di uno sfruttamento inedito degli spazi, ben documentati dal lavoro del videomaker e collaboratore Karim di Gennaro. Quando sono entrato in sala lo scorso martedì mi sono subito ritrovato nel mezzo di un circolo fluido, creato dalle due danzatrici in esplorazione tra le poltrone e il palco del Teatro Quirino de Giorgio. Subito dopo una breve conversazione in cui sono emersi alcuni riferimenti culturali della coreografa italo-iraniana: il teatro di Grotowski e Barba e il cinema onirico di Maya Deren e David Lynch.

In effetti l’efficacia del sogno fittizio nei confronti della realtà sta nella sua capacità di ripensare la presenza singolare all’interno di un contesto collettivo: nelle due performance proposte durante il mercato cittadino di Vigonza, due figure velate e alternativamente dipinte irrompono nella quotidianità dell’acquisto giornaliero per ricordarci che un altrove straniante è sempre presente. In questo caso, però, il video di Karim di Gennaro sembra suggerire qualcosa in più: grazie alla musica di Satie è la realtà stessa che si appiattisce e si fa sogno opaco, un luogo simbolico in cui anche il semplice gesto di raccogliere un frutto risulta lontano, lontano da un quotidiano sui cui problemi strutturali e nodi irrisolti forse ora si possono quantomeno aprire gli occhi.

Non dissimile l’atmosfera della restituzione finale di sabato 4 settembre, The Existence of the Mirrors, che si apre con uno squarcio di luce che è prima di tutto un’uscita dal teatro, un’uscita dalla scena. È tutto un alternarsi tra dentro e fuori, tra realtà e finzione, un confine del cerchio che viene costantemente rotto e ricomposto, come il movimento di rinascita e di morte della figura dorata di Camilla Paris accompagnata dal canto rituale della stessa Niyayesh Nahavandy. L’entrata di Beatrice Manvati velata, poi subito raggiunta nuovamente da Camilla Paris, parzialmente coperta anch’essa, suggerisce forse alle spettatrici e agli spettatori ancora una volta che la realtà è un velo, concetto forse un po’ meno cliché se riletto a partire dal potere attivo della finzione. È il sogno che in qualche modo ci fa comprendere che vi sono delle rotture nella quotidianità, che le cose non debbano essere così. E forse, allora, uscire dal teatro significa ritrovare uno spazio conosciuto da abitare in modo diverso. Davvero, questa volta.

Tommaso Testolin